Per me
l'ozio è un punto d'arrivo impraticabile. Non credo di essere mai riuscito a
sopportarlo, eppure non riesco a smettere di cercarlo.
Leonardo Regano, mediatore
culturale
Ozio è
un tempo che ti permette guadagnare spazio alla realtà e farlo proprio, infatti
portarlo ad un'altra dimensione, più comoda, e che addirittura ti dà la
possibilità di inventarti di nuovo, rivivere insomma….
Sara Sanz Nisa, artista
Nella
sua radice di "otium" è il momento del pensare se stesso pensante,
attività che presuppone grande intelligenza. Pertanto l'unica riforma della
Costituzione che sono pronto ad accettare è quella che cambia l'articolo1:
L'Italia è una Repubblica Democratica fondata sull'OZIO.
I cretini in frenetica attività. Danni ingenti da ciascuno ma in ordine
casuale. La statistica, frutto prezioso dell'ozio, ci dice che la media sarà
nulla. Una birra, grazie.
Pino De Luca, giornalista
enograstronomico
Vivo nell’ozio. Non faccio negozio. Come
Annibale, porto Capua nel cuore. Otium cum dignitate: questa è l’antica regola.
Scrivere d’arte. E imparare l’arte. E tanto altro ancora. Un tempo leggere, ora
navigare. Ma in una mare senza pesci e senza barche. Il mio ozio è lo studio.
Come mi piace oziare!
Enzo
Battarra, critico d’arte
L'Ozio è la culla del generare.
Non c'è arte senza ozio. Senza pascolo dello sguardo. L'ozio, il cazzeggio è il
goico dove il fare prende forma ridendo la giusta leggerezza. Decantare le
tensioni, fare vacanza... depensare per dare forma all'indeterminato o a ciò
che “spiato”, presagito poi si palesa nella sua interezza.
Così scrisse Paul Lafargue, rivoluzionario, giornalista, scrittore, saggista e
critico letterario, autore del
fondamentale "Diritto all'ozio" (1887) quando decise di togliersi la
vita: «Sano di corpo e di spirito, mi uccido prima che l'impietosa vecchiaia mi
tolga uno a uno i piaceri e le gioie
dell'esistenza e mi spogli delle forze fisiche e intellettuali. Affinché
la vecchiaia non paralizzi la mia energia, non spezzi la mia volontà e non mi
renda un peso per me e per gli altri. Da molto tempo
mi sono ripromesso di non superare i settan'anni; ho fissato la stagione
dell'anno per il mio distacco dalla vita e ho preparato il sistema per mettere
in pratica la mia decisione: un'iniezione ipodermica di acido cianidrico. Muoio
con la suprema gioia della certezza che, in un prossimo futuro, la causa alla
quale mi sono votato da quarantacinque anni trionferà. Viva il Comunismo. Viva
il Socialismo
Internazionale! ». Che ozioso! Che artista
Mauro Marino, giornalista e scrittore
Ozio, otium. pausa del corpo per
rigenerare la mente. tanto atteso, mai raggiunto, lontano. vicino. credo che
non esista. non in questo tempo.
Serena
Carbone, critica d’arte e curatrice
Lo zio è il padre dei vizi. Son
zio di due nipoti.
Carlo
Michele Schirinzi, artista
L’ozio? Un’arte e uno stile di vita. Fra i miei
“profeti” c’è Bertrand Russell e il suo filosofico“Elogio dell’ozio” è uno dei
saggi che ho studiato più volentieri. E credo ben si rapporti al pensiero
russelliano il concetto di “ozio creativo”, coniato molti anni dopo dal
sociologo Domenico De Masi: nella società post-industriale, sostiene De Masi,
nella quale la creatività predomina sulla manualità, i confini tra lavoro,
studio e gioco si confondono. Ecco allora che questa fusione genera l'ozio
creativo: in sostanza, si viene a determinare una situazione in cui si lavora
senza accorgersi di farlo. L'’ozio creativo è una sintesi
"hegheliana" tra due antitesi: tra piacere e dovere. Imparando
l'arte dell'ozio creativo, secondo De Masi, riusciamo a mescolare il piacere
del gioco con il "dovere" dello studio e del lavoro, fino a farli
diventare un tutt'uno in cui, proprio perché si perdono i confini, si annulla
la componente faticosa del lavoro e si recupera la componente creativa e
utilitaristica della creatività derivante dal piacere del gioco. Un’arte,
dunque, e uno stile di vita, ma per niente facile da applicare!
Anonimo
Adoro oziare, più di un pastore greco.ozio per ozio, tempo per tempo, un gioco
totalmente astratto che ha tutto il fascino delle cose inutili.
Azzurra Cecchini, artista
1)
L'ozio positivo (il riposo dalle fatiche, l'autentico ozio da gourmet), è
l'unico vero momento di libertà per l'essere pensante: il momento in cui
muscoli e cervello si sciolgono finalmente dalle pesanti catene del lavoro;
2)
E poi... quale miglior antidoto alla vita da polli in batteria cui ci costringe
la società contemporanea? Quando oziamo, interrompiamo, sia pure per un breve
istante, il ciclo industriale acquisto-consumo che ci lega a doppio filo, dalla
nascita fino alla morte...
Francesco
Porpora, musicista
Amo oziare, perdere tempo, divagare, allontanarmi,
vagare a vuoto, errare, smarrirmi: forse è l'unico modo che ho di
trovare quando sono alla ricerca di qualcosa.
Lorenzo
Canova, critico e storico dell’arte
Otium. O
della dimensione del creare. O dell’abbandonarsi al ritmo della produzione
poietica, della ripetizione archetipa che sostanzia il reale, comune
universale, districata nella dimensione del sogno, come produzione, come
ritorno thalassiale, come fonte foce e letto dove la pulsione scorre,
nell’intima condizione della ripetizione poietica che origina, del reclamare il
diritto all’interrupt sociale, in un contesto degenerativo che condiziona, crea
e ricrea assorbendo la dimensione sognante, astraendola per destrutturazione,
divisione. E distruzione, dissolvendola. Quando cediamo in pegno questa nostra
dimensione, siamo dimentichi della nostra esistenza, conformati alle estensioni
della condizione primigenia replicante e replicata dalle new-tecnologie
sociali. Il corpo della madre, il primo media. Un pezzo di sesso dimenticato.
Oggi. Mirror media che annullano, privano reprimono. Impediscono il ritorno ad
un io che è un noi che è altro da noi. Il sogno il sogno. O dell’otium
thalassiale, fuori dalla dialettica sociale odierna che ci determina in quella
«peu de realité» lacaniana, costituente più che costitutiva.
Francesco Aprile, poeta
Ozio...
Parola poco praticata. Sfuggo l'ozio da sempre, ho bisogno di riempire il
tempo, senza ansia. Angela Beccarisi,
operatrice culturale
Ciò che
normalmente porta alla mente la parola ozio,non corrisponde alla visione
artistica della vita...essendo l'Ozio fonte di energia vitale alla creazione, e
punto dove il tempo e lo spazio confluiscono per generare.
Carlo Cofano, artista
L'ozio è
un lusso che pochi si possono permettere.
Francesco Maggiore, creativo
Schianto
della domenica d'agosto,
disteso sul letto guardo il soffitto,
a pancia in su come pollo arrosto,
perduto e da vertigine sconfitto.
Filtra silente, dalla verde persiana,
senza pensieri, ricordi, proiezioni,
la luce blu di un'estate indiana.
Immobile soffoco le intenzioni.
Far nulla e poi niente, guardando in su,
goccia di sudore m'imperla la fronte,
amo perdere tempo e nulla più;
al fin traghettato son dal buon Caronte,
che senza donarmi ragione o torto
ride e chiede se son vivo o morto.
Vanni Cuoghi, artista
Cercherò di essere breve e coinciso, per gli artisti
credo non esista l'ozio, tutto il tempo viene vissuto come una continua
ricerca, con pause e fughe, le pause non possono definite superficialmente
ozio, ma riflessione o ripensamento.
Pietro Di Terlizzi, artista e direttore dell’Accademia
di Belle Arti di Foggia
Tra tutti gli ozi, il mio è un respiro tra due gesti,
una pausa tra le note. Ha per compagno il silenzio, e sorride beffardo a
chi lo confonde col vizio. Restare indietro nella corsa tra i più veloci non lo
spaventa e sta su un piano verticale tutto quello che gli
importa. Gioca col tempo l'ozio, e con l'agire...in un movimento che non
conosce moto."
Annalisa Greco, studentessa
Ozio per
pensare...per scendere negli spazi inesplorati del cuore e della mente
... per stare con la parte più nascosta e segreta...per ascoltare il battito...
Fabiana Cicirillo, architetto
L’ozio nella mia vita non esiste, non so oziare e
questo è grave a mio avviso.
Mi riferisco, però, ad un tipo di ozio che può essere
sinonimo di contemplazione, ma chi è schiavo di una società produttiva, non
riesce a vedere nella fase contemplativa un aspetto importante della vita,
quanto quello produttivo. Per me, quindi, ogni minuto passato senza fare nulla,
mi sembra un controsenso.
Esistono però varie forme di ozio, alcune positive,
come quella di cui ho parlato, e alcune negative. Io credo che tutti
dovremmo ritagliarci una fetta di ozio di tipo contemplativo, ma non cadere in
altre forme di ozio negative, l'ozio ad esempio che coinvolge lo sfruttamento
degli altri. Vivendo in una società del fare, e tenendo conto che
l'80 per cento della nostra vita se ne va in manutenzione, chi ozia e aspetta
che siano gli altri ad occuparsi delle mansioni che spetterebbero a lui, cade
in questo tipo di ozio per sfruttamento, e non va bene.
Ci sono persone che ozierebbero volentieri in fase
contemplativa, ma non possono farlo, perché sono piene di impegni; ci sono
persone, invece, per cui l'ozio diventa una malattia perché sono circondati da
persone che pensano per loro.
Io non conosco nessun tipo di ozio, nemmeno quello
positivo, molto spesso appartengo alle persone che non possono permettersi di
oziare, ma se mi capita di poterlo fare, sono talmente alienata che non ci
riesco!
Adriana Giangrande, zoologa e docente universitaria
Ozio,
tema astratto! Lo cerco. Mi sfugge. Compare un attimo. Scompare.
Gino Battista, collezionista
Tempo
disincantato del corpo che vuole ridisegnare i suoi confini perimetrali per
proteggersi dalle manipolazioni della modernità indifferente.
Tempo
sospeso dell’anima rivolto solo a se stessi per scoprire quelle zone celate,
inespresse e compresse dai ritmi produttivi dell’universo tecnologico.
Tempo
pigro della contemplazione che si ciba di fragilità esistenziali per
rafforzarsi e proteggersi dal progresso selvaggio.
L’otium
non è un Vuoto.
Maria
Antonietta Epifani, studiosa di antropologia e musica
Un
anziano passeggia lungo la sera. La sua ombra stampata sul muro di tanto in
tanto compie qualche passo più svelto. L’attende.
L’attesa
cuce le fibre dell’ozio.
Si ferma
su d una panchina, vi si stende portando le braccia verso un ricordo. Non lo
acciuffa. Per poco.
Il
ricordo è un ozio di privilegio, invecchiato per bene e con cura, imbottigliato
senza anidride carbonica. L’ozio, quello a basso costo rappresenta l’intervallo
tra il sentire ed pensare, la sottile comunicazione tra il respirare e il
pulsare del cuore. L’ozio è anche la linguaccia di un monello alla sua maestra,
“ questa lezione la salto” le dice. L’ozio è la sigaretta del ventenne
innamorato, del trentenne deluso.
L’anziano
ha chiuso gli occhi. Il suo corpo ha la stessa utilità di un orologio in una
stanza vuota.
Una
donna bellissima vestita di scuro gli si avvicina. Lo tocca, lui non risponde,
ha gli occhi chiusi, forse non ce li ha più.
L’ozio è
la bugia più dolce a cui gli umani hanno accettato di credere senza protestare.
Neppure con uno sguardo.
Maria Grazia Carriero, artista
Angelo Mansueto, musicista
L’ozio
accende la politica, la gestione del tempo privato e pubblico. questione
centrale della nostra contemporaneità. come scolari ignoranti che hanno
smarrito la scrittura delle proprie azioni, ci aggiriamo nel villaggio globale
connessi in una prospettiva istantanea e vorace che azzera gli spazi e la
capacità di abitare il mondo. Senza tempo nè spazio non c'è tragedia o dramma
da vivere ma solo farse che si ripetono stancamente. Senza. Sull'orlo. Ci
affacciamo quotidianamente sullo sbando. Come aprire la porta? Come ritrovare
senso? It's a cold and it's a broken hallelujah (Jeff Buckley)
Marco Petroni, curatore e
studioso di design contemporaneo
Ad
essere sinceri e convincenti si potrebbe solo dire che nel tempo detto libero
io vivo. O che nell'ozio inseguo alibi alla vita per barare colla morte. Poi,
vabbé, si sposano comunque, il vuoto con l'immenso. E in queste ore, mentre sto
terribilmente e grandiosamente al mondo, il sole consuma nel semicerchio la mia
pausa pranzo. Mentre prendo a sassate le idee scritte male. E ancora tiro
dritto.
Roberto Lacarbonata, curatore
d’arte contemporanea
OTIUM: quel filo d’oro e la voce
del vento
Viaggio sentimentale nel secolo
dei Lumi, nel Salento
di Titti
Pece: liberamente tratto dal mio libro “Quoquo. Come le Api al miele” ed. Moscara Associati 2007
testo
dedicato a Lorenzo Madaro, per il suo OTIUM /2012
Si parlava di felicità tra Alezio e Sannicola,
nei
pressi della Lizza, negli anni che videro il secolo dei Lumi trasmutare nel
secolo degli eroi romantici.
Ne
parlavano – incontri tra amici, in campagna - Giovanni Presta, il marchese
Palmieri, Bartolomeo Ravenna, Filippo Briganti: erano tutti gallipolini, tranne
il marchese, che veniva da Martignano. E tutti erano appassionati di ulivo, di
olive ed erano proprietari di uliveti da queste parti; nonché, tutti, fini
intellettuali. Trascorrevano le loro villeggiature ognuno nel proprio podere:
nei casini che già erano come ville, veri luoghi di ‘otium’, circondati da
ameni giardini: rimanendo pur sempre – perciò non si chiamavano ville – luoghi
dove si svolgeva parte del lavoro agricolo. Nei palmenti si faceva la lacrima e
quel vino nutriva del suo umore il piacevole dire di ‘felicità’ di quei fini
intellettuali. Nei frantoi si estraeva l’olio d’oliva che a sua volta
alimentava le loro idee sull’utilità sociale dell’agricoltura. L’otium era fatto di queste cose,
soprattutto: e il tempo trascorso in campagna, tenendo lontano gli uomini dai ‘negozia’, più li avvicinava all’etica e
consentiva loro anche di praticarla. E molto si discuteva di olive, delle loro
varietà e delle tecniche colturali degli uliveti.
I luoghi
Da una
parte, nel casino Rocci, villeggiava il marchese Palmieri, ministro delle
Finanze del Regno, e il casino era di sua proprietà e qui erano i suoi uliveti.
Il Presta, medico e agronomo, era alle Camerelle; il notaio Bartolomeo Ravenna,
che pure commerciava in olio, aveva ereditato dalla moglie il casino Rodogallo
e i Ravenna hanno anche una villa, oggi detta villa Ravenna. La moda del
villeggiare in campagna l’avevano introdotta qui alla Lizza i vescovi di
Gallipoli. La famiglia di Filippo Briganti, stimato avvocato, era a villa
Briganti oggi Bardoscia.
Quanto a
la Lizza, luogo intorno a cui, tra Alezio e Sannicola, sorsero verso
la fine del ‘700 tutte queste residenze rurali, è lo stesso notaio Bartolomeo a
dirci che “si chiama La Lizza perché sorge dove un tempo era l’antichissima
città messapica di Aletio. Per un certo periodo, quando Gallipoli fu distrutta
dagli Angioini, questa chiesa funse da cattedrale per i gallipolini sfuggiti
alla strage e messisi in salvo nelle campagne.ed essi custodirono qui, così si
narra, la loro mammella di Sant’Agata. Anche il nostro intendente il signor
duca di Monteiasi ama questo luogo”.
Nel silenzio ristoratore della
campagna godendo del loro intelligente ozio
Rivolto
agli amici, il marchese Palmieri (come sempre critico verso l’inazione della
classe dirigente dei Nobili): “La
classe Nobile, che dovrebbe distinguersi per l'utile maggiore che reca alla
Società, si distingue per la sua inazione. Presso di noi i Nobili non ritrovano
impiego, se non nella Milizia, nel Foro e nella Chiesa. Ma la Milizia non può
darlo a molti. Il Foro non dee darlo a tanti; e la Chiesa non dovrebbe darlo,
se non a coloro, i quali sono chiamati da Dio…”.
Nella
consapevolezza che l'utile dell'agricoltura sia alla base della pubblica
felicità, i quattro amici sono convinti che questo dovrebbe essere ampliato e
non concentrato nelle mani di pochi, ma allo stesso tempo non deve essere
disperso là dove i molti si rivelano incapaci di gestirlo.
“I
nobili che dimorano nella provincia non dovrebbero avere altra occupazione. Si
rende essa necessaria in tal soggiorno per conservare i buoni costumi, ed utile
per accrescer gli averi. Ella somministra i piaceri più puri e tranquilli, e
chiude l'adito alla noja, che avvelena la vita, e che si cerca invano di
togliere con tant'insipidi divertimenti”.
Filippo Briganti, col suo favellare grave e tardo, balbutendo talvolta (e ciò dava
grazia al suo discorso), parla agli amici del suo incontro, in casa sua a
Gallipoli, con Henry Swinburne, che poi lo ha
ringraziato, lui e anche Giovanni Presta, citandoli entrambi nel “Travels in
the Two Sicilie”. “Swinburne, a cui ho dato notizie e informazioni per muoversi
nel Salento, è stato uno dei pochi viaggiatori europei a spingersi fin quaggiù…
Il suo libro è stato pubblicato a Londra qualche decennio fa, nel 1783”.
Sentenzioso
nel parlare, come di sua abitudine, Giovanni
Presta indica intanto agli amici tutte le varietà di olive che è riuscito a
catalogare da queste parti e fa loro degustare dei campioni di olio, di quelli
che ha già inviato al Re Ferdinando di Napoli e all’Imperatrice Caterina di
Russia, ricevendone in cambio qualche dono ed elogi.
Questi
uomini ‘illuminati’ vissero così in questi luoghi e le loro voci ci è parso
davvero di sentire, come un’eco, tra questi ulivi, in questi giardini, tra
queste pagine…
“Ci arrischiammo a trovare
felicità negli uliveti”
(E qui
citiamo Vittore Fiore, fine poeta di un altro tempo, che pure abbiamo imparato
ad amare e che seppe anch’egli coniugare l’otium all’etica)
Altre voci
“Oh sì!
Il marchese Palmieri trascorreva lunghi periodi in questi luoghi, nella sua
villa de’ Rocci. E il maggiore piacere che vi incontrava era quello di girare
nel suo gran giardino e si dilettava dei suoi frutti abbondanti e di veder
raccogliere le olive. Si narra che talvolta, imitando gli antichi filosofi, le
olive le raccoglieva con le sue stesse mani”.
È
il ‘mito del nobile campagnolo’ e forse
è nato proprio qui, tra questi ulivi secolari dove anche noi, quando ci
riusciamo, dialoghiamo ancora con le nostre piante percependo le voci di alcune
parentele intellettuali.
Nel giardino vi sono pere, susine, nespole,
cotogne, gelsomoro e profumi di citronella.
Nel giardino vi sono limette, melograni, uva,
fragola e una marangia riccia con innesto di “meraviglia”: ottima per i
canditi, con retrogusto amarognolo!
Su tavolo della colazione
un libro
e una piccola bottiglia di un extravergine. Condisco la mia colazione del
nonno: è un’insalata di arance. Riapro le pagine del mio Voltaire. Otium.
Felicità. Utopie. Un brivido corre per la schiena.
Sentite, la voce dell’uliveto, è il vento…
L’ozio è un processo in divenire “è il principio di
tutti i vizi e il coronamento di tutte le virtù”(F. Kafka). Sarà vero?
Giulio De Mitri, artista
Il
termine ozio nell'accezione moderna ha assunto un significato negativo inteso
come " Abituale e viziosa inerzia, perlopù dovuta a infingardaggine e
scarso senzo del dovere ", quindi ben lontano dalla sua connotazione
classica, propria del mondo greco, che identificava l'ozio con il tempo libero,
il tempo da dedicare alla creatività, alla filosofia, alle arti, attività
riservate agli uomini liberi. Personalmente credo che oggi i due concetti
si siano fusi tra loro non essendo possibile stabilire un confine, perciò
considero l'ozio un " DOLCE FAR NIENTE ", cioè un tempo libero da
impegni nel quale è possibile aprirsi alla dimensione creativa.
Iginio
Iurilli, artista
Il nostro tempo è il tempo delle contraddizioni:
il tempo dell’estremamente razionale e dell’irrazionalità più sfrenata, che
spinge individui e gruppi oltre ogni
limite, alla ricerca del soddisfacimento delle pulsioni istintuali. Ragione
e follia si incontrano. E si incontrano la frenesia del fare, dell’agire, e il
desiderio spasmodico di trasgressione, di quella “febbre del sabato sera” che
colpisce adolescenti e ma anche uomini e donne più maturi.
L’ozio, inteso come momento di sospensione, di
pausa dell’attività lavorativa, riscopre e celebra il rito: il rito della discoteca, delle feste
private, delle saune, dei giochi d’azzardo, dello sballo. Sono i riti del
consumismo imposti dall’industria del tempo libero che si compiono nei “non
luoghi” di cui parla Marc Augé: i grandi magazzini, i centri commerciali dove
si trascorrono intere domeniche, i club privé, gli ambienti degradati delle
nostre metropoli.
E in questi luoghi o meglio in questi “non luoghi”
gli uomini perdono il contatto con il mondo per vivere un’altra dimensione in
cui possono materializzarsi i suoi sogni di libertà. Così l’uomo conduce la sua
esistenza su piani immaginari. Vive dentro una fiaba. Vive una realtà virtuale
come quella di Internet che diventa altrettanto vera. Qual è la realtà? L’uomo
si sdoppia. Conduce vite parallele. Di giorno impiegato in ufficio. Di notte
trans che soddisfa decine di clienti di ogni ceto e di ogni età. La
schizofrenia diventa un modo di essere, una modalità dell’esistenza.
“La libertà
organizzata è obbligatoria” - scriveva Theodor Adorno in un saggio dell’ormai
lontano 1969 - “e la gente è
inconsapevole di quanto poco libera sia, anche quando si sente al massimo della
libertà, perché il controllo di tale libertà le è stato sottratto”. Parole
profetiche. Oggi più che mai l’uomo è schiavo del lavoro come dell’ozio. Si
crede libero ed è sempre più schiavo. Ha perduto ogni capacità di decisione
autonoma, ogni capacità di riflessione critica, ogni capacità di leggere e
interpretare.
Occorre recuperare la libertà degli individui
contro le multinazionali del tempo libero.
Solo così potremo restituire all’ozio quella
valenza etica che ne fa una delle espressioni più elevate della vita dell’uomo.
Livio Sossi,
studioso di Letteratura per l’infanzia e docente universitario
Verità,
libertà e felicità dell’otium.
Dal
pieno, che nulla dice, difendo nuove possibili idee.
Mi
separo dal fare opere nella ruota da criceto.
Alimentando
il silenzio, siedo sulle rive del vuoto che tutto può contenere. Da qui non
guardo e non ascolto più, ciò che passa, nel modo in cui io penso, ma scopro la
libertà di conoscere e vivere in un mondo sempre nuovo,
meraviglioso ed inimmaginabile perché mai accaduto prima.
Smetto di fare.
Smetto di farmi inseguire dai pensieri
che deviano la mia natura.
Lascio trasformare il mio corpo in un
canale e la mia anima approda la convivio di bellezza.
Nel mare
otium so che incontrerò flutti di verità sommerse dalla realtà indotta.
Comincio
un viaggio che devo affrontare senza barca, senza remi e soprattutto senza
bussola. È un’immersione completa del corpo nelle acque silenti e nelle sue
correnti disvelanti. È un tuffo nel blu, un abbandono guardingo,
un’esplorazione giocosa nella pancia del miracolo.
Neanche le immagini delle già mute
sirene sopravvivono ai doni del mio nuovo vedere e del mio sentire liberi dal
fare e dal pensare non più asserviti al comando della paura e della vanità.
Con fluidità separo l’utile
dall’inutile, l’essenziale dal superfluo, il benefico dal nocivo. L’essere ed
il sentire nascono da una sottrazione, non da una addizione. Scartare il di più
libera. Operare rinunce arricchisce. Tener lontane le strade più corte ci
avvicina.
Mi
pongo come sentinella ai confini dell’ozio perché, per tutti, è il momento di
eleggere la vita.
Divengo
un conduttore. Meccanicamente perfetto, liberato dalle false istruzioni ed
occupazioni mi connetto al tutto, mi libero nella felicità dell’essere, del
sentire e del comprendere.
Osservo
giocoso la vita del silenzio liberarsi sulle ali del pensiero e condurmi in
infiniti luoghi bianchi dove danzano le verità essenziali.
Nel
lasciarmi avvolgere da questa naturale liquidità comunicativa, l’identità
va solidificandosi.
Tutto
avviene perché ritrovo le radici, abito il mio tronco ed il fluire del tempo.
Il mio essere ora può volare, trascendere, sentire e vedere oltre.
Oltre
l’otium.
Stefano
Petrucci, scrittore e imprenditore
(rielaborazioni
di appunti tratti da “Comunicare Mediterraneo”)
Odio l'ozio. Lo impallino. Lo strozzo.
Epperò l'abito non fa il monaco e per recuperare i
miei ritmi biologici lo ingoio e lo spalmo su una frisella a base di olio sale
e origano. Lo preferisco così. Antidoto alle ossesse angosce del mio
tempo.
Nel frattempo a pancia in su fo enigmistica
Uccio
Biondi, artista
Ecco, se vuoi, puoi guardare il tuo Ozio. E' lì, con la sua linea d'orizzonte
bassa, con il suo Luogo visibile dettato da un tuo accomodamento, dato da ciò
che reputi pensiero e da cio che ti domina e credi sia manualità, fare
occasionale.
Eccolo il tuo Ozio, esso sa che è confine tra quel che è sopra e sotto la tua
linea d'orizzonte, sa che non è solo pensiero ma un fare, sa che ti conduce
alla dolce confusione, a quel che rigenera altro ozio e ti costringe
all'astratto.
Il tuo Ozio è lì, è azione che reputi senza fatica.
Non confonderlo con la passività, ma sappi che è tempo assoluto del tuo stesso
pensiero ed è reso concreto dal suo stesso limite, da ciò che tu reputi
naturale. Ecco, è lì quel territorio, è lì, segnato dal mare e da un intorno
dove speri passino vascelli d'oro di un’ocra paglierino.
Buon Ozio a te.
Francesco Pasca, artista